Esiste una paura tra coloro che acquistano e guidano i veicoli elettrici, quella che in inglese viene chiamata “range anxiety”, in italiano letteralmente “ansia da ricarica” o “ansia da autonomia”. È il nome che è stato dato alla paura di non riuscire a trovare una stazione di ricarica per il proprio veicolo elettrico, prima che la batteria si esaurisca (per contrastare questa preoccupazione Repower ha presentato Repower Charging NET, una soluzione che serve a evitare di rimanere con le “pile scariche”). Un sentimento comprensibile e molto umano, ma che forse era più giustificato quando le auto elettriche hanno cominciato a fare la loro comparsa sul mercato, meno oggi, quando le reti di ricarica sono sempre più diffuse.
Ancora oggi la maggior parte della domanda è coperta da sistemi di ricarica domestica privati, ma il network di punti pubblicamente accessibili è in forte crescita: secondo quanto riporta l’IEA – Agenzia internazionale dell’energia, alla fine del 2022, in tutto il mondo, se ne contavano 2,7 milioni, di cui oltre 900 mila installati nel corso di quell’anno. L’incremento in soli 12 mesi è stato pari al 55%, un tasso costante: nel periodo pre-pandemico 2015-2019 la crescita annua era stata pari a circa il 50%.
La Cina è al centro di questo sviluppo: lì i punti di ricarica pubblici “slow” (che nella classificazione adottata da IEA sono quelli con una potenza fino a 22 kW, quindi in corrente alternata) sono più di un milione. L’Europa, nel suo complesso, è al secondo posto con 460 mila “slow chargers” ad accesso pubblico nel 2022 e un ritmo di crescita sostenuto (+50%). Il Paese più attrezzato? I Paesi Bassi (117 mila), inseguiti con un certo distacco da Francia (74 mila) e Germania (64 mila).
Molto più lento lo sviluppo della rete negli Stati Uniti, che nel 2022 hanno segnato un “magro” +9% di punti di ricarica slow ad uso pubblico. Nel Paese costruito sul mito della frontiera, sui vasti paesaggi disabitati tra uno Stato e l’altro e sul basso costo del carburante, l’auto elettrica fatica ad essere percepita dal mercato come mezzo competitivo per coprire le lunghe distanze.
Spettacolare invece il balzo della Corea del Sud, che in un solo anno ha visto raddoppiare la sua rete di punti di rifornimento per BEV e PHEV, che a fine 2022 erano ben 184 mila.
In questo quadro, l’Italia sconta ancora un ritardo rispetto ai partner europei ma vive un trend molto positivo. Secondo una rilevazione di Motus-E, la prima associazione in Italia costituita da operatori industriali, filiera automotive e mondo accademico per accelerare il cambiamento verso la mobilità elettrica, nel 2023 il numero dei punti di ricarica ad accesso pubblico (intesi come singole prese a cui collegarsi) ha infatti toccato quota 50.678, con una crescita di 13.748 unità, +38% rispetto al 2022.
Le infrastrutture di ricarica censite sono 26.997, con un aumento di 7.663 unità (+40%). Per infrastruttura di ricarica si intende un impianto (una stazione o una semplice colonnina) che ospita uno o più punti di ricarica non domestici. Tra settembre e dicembre 2023, in soli tre mesi, ci sono aggiunti 3.450 nuovi punti di ricarica, con un ritmo sostenuto: oltre 280 in più, in media, ogni settimana.
Il 69% dei punti di ricarica è collocato su suolo pubblico, per esempio lungo un asse stradale, mentre la parte restante si trova su suolo privato ad uso pubblico, tipicamente nell’ambito di supermercati o centri commerciali. Si registra un leggero avanzamento della quota di punti ad accesso pubblico collocati su suolo pubblico rispetto a quelli su suolo privato.
In termini di distribuzione, è soprattutto la Campania a crescere molto rapidamente. È la regione che tra dicembre 2022 e 2023 ha avuto il tasso più alto di nuove installazioni (+347%): i punti di ricarica sono aumentati di 2.691 unità, issando così la regione che ha per capoluogo Napoli al sesto posto superando la Toscana e la Sicilia. Ottimi tassi di crescita si registrano anche in Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Liguria e Sardegna, dove le nuove installazioni sono aumentate tra il 167% e il 108%, rispetto al 2022.
La Lombardia con 9.395 punti si conferma la regione più “densa”, che da sola accentra il 19% di tutti i punti di ricarica ad accesso pubblico in Italia. Seguono nell’ordine Piemonte e Veneto (con circa il 10% a testa), Lazio ed Emilia-Romagna (con circa il 9% ciascuna), Campania (con il 7%) e Toscana (6%).
Considerando le macro-regioni, il Nord con il 58% concentra oltre la metà dei punti di ricarica, mentre il Centro con il 22% e il Sud e isole con il 20% si dividono il resto.
Nelle prime tre città metropolitane – Roma, Milano e Napoli – vive circa il 36% della popolazione totale, e si trova il 36% dei punti di ricarica totali, con un perfetto allineamento tra i due dati. Roma è la città metropolitana con più punti di ricarica (3.588), seguita da Milano (2.883) e da Napoli (2.652). Tuttavia, se analizziamo il numero di colonnine in rapporto alla superficie del territorio, in testa troviamo Napoli, seguita da Milano e Roma. La capitale, infatti, ha un’estensione territoriale quasi quattro volte più vasta di Napoli e Milano.
Uno dei nodi critici della rete italiana di ricarica è rappresentato dalle autostrade. In tutto i punti di ricarica sulla rete autostradale censiti a fine 2023 sono 932, un dato in crescita dell’87% rispetto al dicembre 2022, quando erano solo 496. Sui 7.318 chilometri di rete autostradale, secondo Motus-E, se ne incontrano in media 12,7 ogni 100 chilometri.
C’è una crescita ma le colonnine sono ancora poche e mal distribuite: pochissime nelle regioni del Mezzogiorno, addirittura nessuna in Sicilia e in Sardegna, secondo un report di InsideEVs.
Una spinta per rendere più capillare la rete sarebbe dovuta arrivare dal PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, varato dopo la pandemia da Covid-19 con i fondi dell’Unione Europea. Il primo bando pubblicato dal MASE – Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica – nel 2023 si è rivelato un flop. Infatti gli esiti, resi pubblici il 3 luglio, sono in chiaroscuro. Sono stati finanziati progetti che permetteranno di realizzare 4.718 infrastrutture di ricarica di veicoli elettrici nei centri urbani, per un importo di circa 70 milioni di euro. Ma per la rete di superstrade e autostrade nemmeno un progetto è stato finanziato «in quanto le poche proposte progettuali presentate non avevano i requisiti di ammissibilità alla misura» si legge nella nota del MASE.
La strada da fare è ancora lunga: il target finale del PNRR prevede di installare oltre 21 mila punti di ricarica rapida entro il mese di giugno 2026 (7.500 in autostrada e 13.000 nei centri urbani), per uno stanziamento di 741 milioni di euro.
In attesa di nuovi bandi per realizzare impianti di ricarica ad uso pubblico, nell’ottobre 2023 il MASE ha pubblicato il bando del “Bonus colonnine per imprese e professionisti”, che copre il 40% della spesa sostenuta. Per la misura sono stati stanziati 87,5 milioni di euro, di cui 70 serviranno a sostenere le imprese per l’acquisto di infrastrutture di ricarica dal valore complessivo inferiore ai 375.000 euro, mentre 8,75 milioni sono stanziati per un valore superiore alla stessa soglia. I restanti 8,75 milioni sono invece rivolti ai professionisti.
Ma la maggior parte dei possessori di auto elettrica in Italia oggi la ricarica la fa nel proprio garage. Infatti i punti di ricarica domestici nel 2023 hanno superato quota 400 mila, cioè sono dieci volte tanto quelli ad uso pubblico. A dare una spinta decisiva per la loro crescita sono stati i bonus edilizi: secondo dati di ENEA – Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, riportati da Motus-E, hanno origine da lì ben 304 mila installazioni. In due anni il loro numero è cresciuto di ben otto volte. Anche il bonus colonnine domestiche, o “bonus Wallbox”, ha sostenuto la domanda: si tratta di un contributo, erogato dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy, che copre l’80% del prezzo di acquisto e posa di infrastrutture di ricarica, fino a un massimo di 1.500 euro per gli utenti privati e di 8.000 nel caso di installazione nelle parti comuni dei condomini.
Tornando alla rete di ricarica ad uso pubblico, in ambito urbano o autostradale, merita un focus il tema della potenza installata e della velocità di ricarica.
In termini di potenza installata, l’85% dei punti di ricarica è alimentato in corrente alternata (AC) e il restante 15% dei punti di ricarica in corrente continua (DC). La corrente alternata utilizza un flusso di energia variable e oscillatoria: è quella che si utilizza ad esempio nelle comuni abitazioni. La corrente continua utilizza invece delle cariche elettriche che si muovono sempre nella stessa direzione con un ciclo continuo e costante, mentre la tensione rimane stabile nel tempo: garantisce dunque maggiore velocità di ricarica.
Con riferimento alla potenza di ricarica, ecco la situazione della rete italiana: