Le future politiche dell’Unione Europea sul clima e sulla transizione energetica saranno decisive per definire la traiettoria di sviluppo dei sistemi di mobilità sostenibile e la velocità con cui si diffonderanno nella società italiana.
Sono otto i gruppi parlamentari rappresentati nel Parlamento Europeo: Partito Popolare Europeo (PPE – centro destra), Socialisti e Democratici (S&D – centro sinistra), Conservatori e Riformisti Europei (ECR – destra conservatrice eurocritica), Identità e Democrazia (ID – destra radicale), Renew (liberali di centro), Verdi (focalizzati sulle tematiche climatiche), The Left (sinistra), NI (non affiliati).
Il think tank italiano ECCO ha analizzato l’orientamento delle “famiglie politiche” nel corso della IX legislatura del Parlamento Europeo (2019-2024) caratterizzata dalla “maggioranza Ursula” a supporto della presidente della Commissione Ursula Von der Leyen, formata Partito Popolare Europeo, Socialisti e Democratici e i liberali di Renew. Secondo l’analisi di ECCO «la maggioranza che ha supportato il Green Deal Europeo è stata molto solida nella grande maggioranza delle votazioni (più di 400 voti), ed è stata più ampia della coalizione che ha sostenuto l’elezione di Von der Leyen nel 2019 (383 voti favorevoli)».
I partiti più favorevoli alle politiche per contrastare la crisi climatica sono stati quelli che hanno votato per l’elezione di Von der Leyen – PPE, S&D e Renew – con l’aggiunta dei Verdi, anche se questi ultimi non facevano parte della maggioranza.
Nello specifico, in 21 votazioni che riguardavano provvedimenti sul clima, il think thank ha rilevato questo comportamento dei gruppi parlamentari:
Con riferimento al regolamento auto (2019/631), che ha introdotto il divieto di vendita di auto con il motore a combustione interna al 2035, nel Parlamento Europeo vi sono state due votazioni rilevanti: nel giugno 2022 si è votata la posizione del Parlamento Europeo; nel marzo 2023 si è votato l’accordo finale raggiunto dalle tre istituzioni UE (Consiglio, Commissione e Parlamento).
«Nel primo voto si può osservare come, seppur non servisse una soglia di maggioranza, i voti favorevoli al provvedimento fossero una decina in meno della maggioranza del 50 percento più uno dei parlamentari europei (342) – è l’analisi del report di ECCO firmato da Francesca Bellisai. In questo caso, ancor più che nel voto sull’EPBD (Energy Performance of Buildings Directive, la cosiddetta direttiva “case green”, ndr), il Partito Popolare Europeo non ha votato insieme agli altri che supportano la Commissione (Renew e S&D), ma ha votato contro il provvedimento (31 favorevoli e 112 contrari)».
I popolari in questa occasione si sono smarcati dalla “maggioranza Ursula” – nonostante la stessa presidente della Commissione fosse un’autorevole rappresentante del PPE – e hanno votato insieme ai partiti di destra ECR e ID. A favore del provvedimento hanno invece votato i Verdi e la maggioranza dei deputati di The Left, due forze esterne al perimetro della maggioranza. «I loro voti sommati a quelli di alcuni membri del PPE hanno permesso alle proposte parlamentari di arrivare al negoziato interistituzionale» spiega il report.
La stessa dinamica si è verificata, quasi un anno dopo, nella seconda votazione sul tema. A votare contro sono stati i partiti di centro-destra e destra (PPE, ECR, ID e la maggior parte di NI), mentre a favore si sono espressi quelli di centro liberale e di centro-sinistra. L’accordo è stato approvato con 340 voti.
Questi voti indicano come, su alcuni temi sensibili dal punto di vista climatico e ambientale, i voti del centro siano indispensabili per far passare i provvedimenti, sommandosi a quelli dei gruppi di centro-sinistra e ambientalisti.