White Paper sulla mobilità sostenibile - IX Edizione

Perché il 2024 è decisivo per la mobilità sostenibile in Europa

La nona legislatura del Parlamento Europeo (2019-2024) è stata caratterizzata da alcuni avvenimenti epocali quali la pandemia da Covid-19 e la guerra in Ucraina. Ma prima che questi eventi imprevedibili imponessero la loro agenda, un’altra grande sfida, quella della crisi climatica, era già al centro della strategia della Commissione guidata da Ursula von der Leyen.

Lo European Green Deal, infatti, è stato presentato l’11 dicembre 2019 dall’organo esecutivo dell’Unione Europea, che lo definisce «un pacchetto di iniziative strategiche che mira ad avviare l’UE sulla strada di una transizione verde, con l’obiettivo ultimo di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050». Il Green Deal è un piano ambizioso che fissa una serie di obiettivi da raggiungere a tappe forzate, per raggiungere i quali la Commissione ha destinato a investimenti “verdi” il 30% del bilancio pluriennale dell’UE (2021-2028) e del piano NextGenerationEU lanciato dopo la pandemia, e che in Italia si declina nel PNRR – Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Le elezioni europee del giugno 2024 hanno un valore decisivo per tracciare il destino della strategia “verde” del Vecchio Continente. La nuova Commissione europea dovrà prendere decisioni importanti su molti dossier del Green Deal avviati ma non ancora conclusi. Un gran numero di azioni previste dal piano varato da Ursula von der Leyen, infatti, è ancora oggetto di discussione tra la Commissione, il Parlamento Europeo, i rappresentanti dei governi nazionali che siedono nel Consiglio europeo, le lobby che rappresentano gli interessi delle industrie e le organizzazioni ambientaliste.

Una delle decisioni più controverse è stata l’approvazione, il 28 marzo 2023, della messa al bando dei motori a combustione entro il 2035: il nuovo regolamento sulle emissioni CO2 delle autovetture prevede il divieto, entro quella data, di vendere nuove auto e furgoni alimentati da motori a combustione interna – benzina e diesel – in tutta l’Unione Europea.

Le auto alimentate da motori termici continueranno comunque ad essere vendute e acquistate nel mercato dell’usato.

Oltre a prevedere il “phase-out” dai motori a combustione entro nel 2035, il regolamento sulle emissioni di CO2delle autovetture contempla anche un obiettivo intermedio, fissato nel 2030. A quella data la riduzione delle emissioni dei nuovi veicoli, rispetto al 2021, dovrà essere pari al 55% per le auto e al 50% per i furgoni. Un obiettivo in linea con il piano “Fit for 55” della Commissione europea (UE, la timeline della transizione ecologica).

Ma non tutto è scritto, e i margini di manovra per mettere mano a questi obiettivi sono ancora ampi. Nel 2026 il regolamento prevede infatti una “finestra” per una revisione della normativa da parte della Commissione europea, che potrà riesaminare gli obiettivi anche alla luce degli sviluppi tecnologici nel settore. Una sorta di “tagliando” alla nuova normativa, in cui non si escludono colpi di scena: a fronte di un mutamento degli scenari economici, oltre che politici, i limiti piuttosto stringenti potrebbero subire un deciso cambiamento, per esempio ritardando la transizione verso una mobilità a emissioni zero.

Il regolamento, infatti, è stato approvato al prezzo di una spaccatura tra i governi dei Paesi aderenti: la Polonia ha votato contro, mentre Italia, Bulgaria e Romania si sono astenute. Decisivo il voto della Germania, che ha votato a favore del nuovo regolamento dopo aver strappato una deroga per gli e-fuel. Questi ultimi sono carburanti sintetici, prodotti combinando molecole di anidride carbonica, prelevate dall’atmosfera o da sottoprodotti di attività industriali, con l’idrogeno ricavato da elettrolisi dall’acqua usando elettricità (che se prodotta da fonti rinnovabili porta a definire l’idrogeno “verde”).

Dubbi sull’efficacia degli e-fuel vengono sollevati da più parti e riguardano tra le altre cose l’alto grado di dispersione energetica che la loro produzione comporterebbe, gli alti costi e la loro scarsissima diffusione. Secondo Andrea Poggio, responsabile mobilità sostenibile e stili di vita di Legambiente, «oggi si stima che gli e-fuel costeranno molto cari (anche 50 dollari al litro), ma che un domani – raggiunta la scala industriale – saranno usati per esempio per produrre cherosene “verde” per l’aviazione al costo anche inferiore ai 10 dollari al litro. Il costo sarà sempre molto più alto dell’elettricità delle auto elettriche per la semplice ragione che occorrerà 7 o 10 volte più energia per ottenere lo stesso risultato utile».

Se per gli e-fuel l’UE ha concesso una deroga, lo stesso non è stato fatto per i biocarburanti, che, allo stato attuale, saranno banditi insieme ai combustibili di origine fossile dal 2035. I biocarburanti sono prodotti dalla lavorazione di materie prime di origine agricola e forestale, e l’Italia ne produce 2 milioni di tonnellate l’anno, secondo le stime dell’UNEM – Unione Energie per la Mobilità. Il maggior produttore italiano di biocarburanti è Eni, che conta due bioraffinerie a Marghera e a Gela e sta progettando di costruirne una terza a Livorno. Proprio l’esclusione dei biocarburanti dal nuovo regolamento spiega l’astensione dell’Italia. «La previsione nella dichiarazione della Commissione dei soli carburanti sintetici rappresenta un’interpretazione troppo restrittiva – ha commentato il Ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto Fratin –, che non consente ancora una piena attuazione del principio di neutralità tecnologica per il quale l’Italia si è sempre battuta sulla base di dati tecnici e scientifici». La promozione dei biocarburanti rimane una costante delle politiche energetiche italiane, come conferma l’adesione alla Global Biofuel Alliance lanciata nel settembre 2023 a margine del G20 in India. L’Italia è l’unico Paese europeo tra i fondatori dell’alleanza, insieme ad Argentina, Bangladesh, Brasile, Emirati Arabi Uniti, Mauritius, Stati Uniti e Sudafrica.

Se queste spaccature tra i Paesi dell’Unione Europea si rimargineranno o si allargheranno, molto dipenderà dalla composizione del Parlamento Europeo eletto nel 2024. Ecco perché questo anno si può definire strategico per il futuro delle politiche europee per la mobilità sostenibile.

Variazioni emissioni di gas serra nel 2021 rispetto al 1990, per settore, nell'Unione Europea
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