White Paper sulla mobilità sostenibile - IX Edizione

Conquistare l’opinione pubblica per la transizione elettrica

Per alcuni decenni la mobilità elettrica è stata trattata dai media come una soluzione futuristica, confinata in un orizzonte indefinito, in un’oscillazione continua tra speranze e scetticismo. Oggi la transizione verso un nuovo modello di mobilità sostenibile è un processo concreto, fatto di normative, investimenti e piani industriali con un ruolo di primo piano per l’elettrificazione dei mezzi di trasporto. Ecco che, nel nuovo scenario, occorre cambiare la narrazione prevalente che si offre all’opinione pubblica. Ma non è affatto semplice né immediato.

Ci può venire in aiuto una celebre teoria, chiamata “Diffusion of Innovations”, coniata negli anni Sessanta dal sociologo Everett M. Rogers. Ideata per spiegare il ritmo di propagazione delle nuove tecniche in ambito agricolo, e in anni più recenti diventata una delle formule più citate per prevedere la diffusione delle tecnologie digitali nella società.

Al cuore di questa teoria c’è la suddivisione della platea dei consumatori in cinque gruppi, definiti in ordine cronologico, dal primo all’ultimo ad adottare le novità:

  • Innovators (2,5% del mercato): vogliono testare per primi le nuove soluzioni, e sono i più propensi a rischiare;
  • Early Adopters (13,5%): opinion leader, persone abituate ad abbracciare le nuove idee prima che raggiungano la maggioranza, anche senza pretendere spiegazioni troppo tecniche;
  • Early Majority (34%): aperti alle novità, ma hanno bisogno di prove concrete e di storie di successo che dimostrino che la tecnologia funziona;
  • Late Majority (34%): scettici, arrivano solo dopo che la maggioranza ha già abbracciato la nuova soluzione;
  • Laggards (16%): i “ritardatari”, aggrappati alle tradizioni e molto conservatori.

Se applichiamo questa teoria alla mobilità elettrica vediamo che l’Italia, con una quota di veicoli a batteria pari a circa il 4% delle nuove immatricolazioni, ha appena superato il piccolo recinto dei più appassionati di innovazione. In Germania, Francia e Regno Unito, dove si viaggia tra il 15 e il 20%, l’elettrico ha già superato la fase degli Early Adopters e inizia a rosicchiare terreno alla Early Majority. In Norvegia, che ha chiuso il 2023 superando l’82% di BEV tra le nuove targhe, la novità sta addirittura conquistando gli scettici.

Se ne potrebbe dedurre che nel nostro Paese siano ancora pochi gli opinion leader che si espongono in favore di questa soluzione, la adottano in prima persona e generano così un effetto di “trascinamento” verso la parte del mercato più aperta verso le innovazioni.

Una delle chiavi per estendere l’uso dell’auto elettrica a un pubblico di massa è lo sviluppo di un mercato dell’usato, che può avere un ruolo rilevante nell’abbassare il costo dei veicoli, attualmente uno dei maggiori freni all’acquisto. L’interesse per i veicoli elettrici usati è piuttosto significativo, secondo il report eReadiness 2023 realizzato da PwC: il 60% dei proprietari di veicoli elettrici dichiara infatti interesse all’acquisto di un’auto usata, per i costi inferiori e la disponibilità immediata, anche se vi è scetticismo sul livello di capacità residua della batteria.

Proprio nell’aftermarket, come abbiamo analizzato nel blocco “Dalle flotte aziendali all’usato, un circuito virtuoso”, l’elettrico stenta a conquistare spazi, restando a una quota dello 0,5% dei passaggi di proprietà nel 2023, nonostante prezzi convenienti rispetto a diesel e benzina.

Esistono però settori in crescita, come il noleggio, le flotte aziendali e il turismo su cui si può fare leva, insieme alla diffusione sempre più capillare delle reti di ricarica e ad adeguati incentivi, per avvicinare fasce più ampie di opinione pubblica ad abbracciare un nuovo modello di mobilità.

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#MERCATO
Dalle flotte aziendali all’usato, un circuito virtuoso

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