White Paper sulla mobilità sostenibile - IX Edizione

La transizione energetica nella mobilità sostenibile: sfide e opportunità delle politiche UE

La transizione verso un futuro sostenibile rappresenta una delle sfide più pressanti della nostra epoca. Il cambiamento climatico richiede interventi rapidi e coordinati, e il settore dei trasporti gioca un ruolo fondamentale in questo processo. Responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di gas serra, la mobilità deve essere ripensata in modo radicale. L’Unione Europea si è posta obiettivi ambiziosi per affrontare questa sfida: ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030 e raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. Per ottenere questi risultati, sarà necessario combinare tecnologie innovative, infrastrutture moderne e un cambiamento culturale profondo.

Il Green Deal nel nuovo scenario politico

Il Green Deal Europeo, annunciato nel 2019, costituisce il piano strategico dell’Unione per guidare la transizione ecologica e posizionarsi come leader globale nella lotta al cambiamento climatico. Nel contesto della mobilità, gli obiettivi includono la decarbonizzazione del trasporto su strada attraverso l’adozione di veicoli elettrici e a idrogeno, l’ampliamento delle infrastrutture per la ricarica, il rifornimento e il rafforzamento di modalità di trasporto sostenibili come ferrovie e mobilità condivisa. Nel 2021, con il pacchetto “Fit for 55”, l’UE ha introdotto misure più stringenti, tra cui il progressivo abbandono dei veicoli a combustione interna, che dovrebbero essere completamente eliminati dal mercato entro il 2035.

Tuttavia, il panorama politico emerso dalle elezioni europee del 2024 ha introdotto alcune incognite. Il nuovo Parlamento Europeo, caratterizzato da una maggiore presenza di forze politiche scettiche rispetto agli approcci radicali alla transizione ecologica, sembra intenzionato a rivedere alcune priorità del Green Deal. Pur riconoscendo l’importanza della decarbonizzazione, si registra un orientamento verso una maggiore gradualità, con pressioni per un riequilibrio tra ambizioni climatiche e salvaguardia della competitività economica. Questa nuova sensibilità rischia di rallentare alcune iniziative, ma potrebbe anche stimolare una maggiore attenzione alla coesione tra gli Stati membri e alle implicazioni sociali della transizione.

Per sostenere la transizione verde, l’Unione Europea ha stanziato risorse senza precedenti attraverso strumenti come il Recovery Fund e il programma NextGenerationEU. Questi fondi sono stati destinati al finanziamento di progetti fortemente innovativi e sostenibili, tra cui lo sviluppo di infrastrutture di ricarica per veicoli elettrici, il miglioramento delle reti ferroviarie e la promozione della mobilità urbana sostenibile. Inoltre, misure come agevolazioni fiscali per l’acquisto di veicoli elettrici e incentivi per il rinnovo delle flotte aziendali stanno cercando di accelerare il cambiamento. Tuttavia, i risultati variano significativamente tra i Paesi, e spesso l’implementazione pratica di queste politiche incontra ritardi significativi.

Le criticità

La transizione verso una mobilità sostenibile presenta numerose criticità. In primo luogo, esistono significative disparità tra gli Stati membri nell’attuazione delle normative europee. Paesi come Germania e Paesi Bassi sono all’avanguardia, mentre altre nazioni, tra cui l’Italia, faticano a colmare il divario a causa di infrastrutture carenti e ritardi legislativi. Anche l’espansione delle infrastrutture di ricarica sta procedendo a rilento, con ampie aree rurali e periferiche che rimangono escluse dagli investimenti principali. Sul fronte tecnologico, la produzione e lo smaltimento delle batterie elettriche sollevano interrogativi sia ambientali che geopolitici, data la forte dipendenza europea dalla Cina per materie prime e componenti essenziali. Infine, non va trascurata la questione dell’equità sociale: il costo elevato dei veicoli elettrici rischia di escludere una parte significativa della popolazione dalla transizione green, minando gli obiettivi di inclusività e di efficacia.

Nonostante le difficoltà, non mancano esempi virtuosi. La Norvegia, pur non essendo un membro dell’Unione Europea, rappresenta un caso emblematico grazie a politiche mirate che hanno reso i veicoli elettrici largamente accessibili, supportate da incentivi fiscali e una rete capillare di punti di ricarica, anche se largamente finanziate con i fondi derivanti dalle risorse di gas naturale presenti nel paese. In Francia, iniziative legate alla mobilità condivisa stanno riducendo l’impatto ambientale del trasporto urbano, mentre la Spagna sta investendo nell’alta velocità ferroviaria come valida alternativa sostenibile ai voli domestici.

Guardando al futuro, la mobilità europea è destinata a evolversi ulteriormente grazie a tecnologie innovative. L’idrogeno verde, le batterie di nuova generazione e il trasporto autonomo rappresentano alcuni dei settori con il potenziale di rivoluzionare il panorama dei trasporti. Gli obiettivi di lungo termine dell’UE includono non solo la completa eliminazione delle auto a combustione interna entro il 2035, ma anche la realizzazione di un sistema di mobilità completamente decarbonizzato entro il 2050. Per raggiungere tali traguardi, sarà cruciale rafforzare la cooperazione tra Stati membri e accelerare gli investimenti infrastrutturali.

La transizione verso una mobilità sostenibile è una sfida complessa ma imprescindibile per affrontare la crisi climatica. L’Unione, grazie al suo impegno normativo e finanziario, ha dimostrato di voler guidare questo cambiamento. Tuttavia, per garantire il successo, sarà necessario colmare i divari esistenti tra i Paesi membri, affrontare le criticità legate alle infrastrutture e alle tecnologie, e rendere la mobilità green accessibile a tutti.

Neutralità tecnologica e transizione energetica

La neutralità tecnologica è un principio che mira a lasciare il mercato libero di scegliere tra diverse soluzioni tecnologiche, senza interventi politici che favoriscano una particolare opzione. In teoria, questo approccio promuove la competizione e l’innovazione. È la strada storicamente imboccata dagli Stati Uniti in cui, come spiegavamo nel VIII White Paper sulla mobilità sostenibile, l’EPA, la Environmental Protection Agency che mette in atto a livello federale le politiche ambientali, lascia ampio margine di manovra all’industria rispetto alla scelta delle tecnologie più adatte per raggiungere gli i target di taglio delle emissioni climalteranti

Nel Vecchio Continente l’approccio del Green Deal è andato in direzione opposta, indicando un percorso a tappe forzate il cui simbolo più noto è il bando dal 2035 alla produzione di veicoli con motore endotermico. Nei primi mesi del suo secondo mandato da presidente della Commissione UE, Ursula Von der Leyen ha dato segnali di un’inversione di tendenza, aprendo al tema della neutralità tecnologica, caldeggiato dai costruttori oltre che da Mario Draghi nel suo rapporto sul futuro della competitività europea.

La nuova Commissione sembra dunque più propensa a favorire soluzioni tecnologiche diverse dall’elettrico, come i carburanti sintetici, ma tenendo fermo l’obiettivo della neutralità, questa volta climatica, per le auto entro il 2035. La sfida dei prossimi anni sarà evitare che questo parziale cambio di strategia venga letto come mancanza di una chiara direzione politica. Se così accadesse, come sottolineano alcuni analisti, ciò potrebbe ostacolare un’efficace pianificazione industriale e la competitività del settore europeo.

Il ruolo dell’idrogeno: potenzialità e limiti

Tra le tecnologie alternative, l’idrogeno è spesso indicato come una soluzione complementare ai veicoli elettrici a batteria. Secondo uno studio di IDTechEx, entro i prossimi 20 anni, solo il 4% dei veicoli a zero emissioni locali sarà alimentato a idrogeno, con una quota che potrebbe raggiungere il 20% nel segmento dei camion. Le auto alimentate con celle a combustibile (FCEV) presentano vantaggi come tempi di rifornimento rapidi e maggiore autonomia, ma soffrono di significativi svantaggi rispetto ai BEV: costi operativi più alti, infrastrutture di rifornimento carenti e rendimenti energetici inferiori. Attualmente, solo il 25% dell’energia iniziale arriva alle ruote di un FCEV, contro il 75% di un BEV.

L’adozione dell’idrogeno rimane quindi limitata a specifiche nicchie, come i trasporti pesanti, dove l’autonomia e il carico utile sono critici. Per incentivare questa tecnologia, saranno necessari investimenti massicci in infrastrutture e politiche di sostegno economico, come dimostrano i programmi di Toyota e Hyundai.

La scadenza del 2035: il dibattito sugli endotermici 

L’Unione Europea ha stabilito che dal 2035 non sarà più possibile immatricolare nuove auto con motori endotermici, un passaggio cruciale del Green Deal per decarbonizzare i trasporti. Tuttavia, questa decisione ha incontrato l’opposizione di alcuni Stati membri, tra cui l’Italia e, in misura minore, la Germania. Il governo italiano, attraverso il ministro Adolfo Urso, ha chiesto di anticipare dal 2026 al 2025 la revisione delle norme sulle emissioni di CO2 e di rivalutare lo stop ai motori endotermici, proponendo un approccio più flessibile che includa biocarburanti, e-fuel e idrogeno.

Mentre la Germania appoggia l’idea di anticipare la revisione per garantire una maggiore certezza agli investimenti industriali, Berlino rimane più riluttante a rivedere la scadenza del 2035. La posizione italiana, al contrario, sottolinea come la tempistica attuale sia insostenibile senza adeguati fondi di sostegno per l’industria e i consumatori. Tra le proposte avanzate dall’Italia vi sono l’istituzione di un Fondo per la Competitività per supportare l’industria automotive, l’adozione di un approccio tecnologicamente neutrale, riconoscendo un ruolo a soluzioni alternative come biofuels ed e-fuels e infine una strategia per garantire l’autonomia europea nella produzione di batterie e materie prime critiche.

Nonostante le richieste di maggiore flessibilità, la Commissione Europea ha ribadito l’importanza di mantenere la scadenza del 2035 per offrire stabilità regolatoria all’industria e spingere verso una transizione accelerata.

Grafico emissioni legate ai trasporti UE 1990-2040
Articolo precedenteArticolo successivo
#BUSINESS
Turismo “a pedali”: il futuro del viaggio si muove sulle due ruote

Il cicloturismo italiano si conferma uno dei settori più dinamici e promettenti dell’offerta turistica nazionale, con oltre 56,8 milioni di presenze nel 2023 e un…

#FUTURE
Nautica elettrica_ dai cargo cinesi allo sharing italiano

Con un contributo stimato al 3% delle emissioni globali di CO₂, ma che mantenendo gli attuali tassi di crescita potrebbe crescere fino al 10% nel…

Scarica Condividi