Le recenti questioni geopolitiche hanno mostrato chiaramente la fragilità energetica dell’Europa e la sua forte dipendenza da Paesi terzi, Russia in primis. Nel 2020, il principale prodotto energetico importato è stato quello petrolifero, che rappresenta quasi i due terzi delle importazioni di energia nell’UE, seguito dal gas naturale (27%) e dai combustibili fossili solidi (5%). Fino al 2021 la Russia è stata il principale fornitore dell’UE: da essa derivavano il 43% del gas e il 29% del petrolio greggio importato. Dopo circa un anno dall’invasione russa dell’Ucraina e il conseguente blocco dei 2 principali gasdotti, Nord Stream 1 e 2, in una conferenza stampa del 12 dicembre 2022 la Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen confermava: «A settembre la Russia ha tagliato l’80% delle forniture di gas all’Europa, rispetto al settembre 2021 e questo ha causato una pressione sul sistema energetico europeo e mondiale senza precedenti». Per sostituire il gas russo e diversificare le fonti, la Commissione europea guarda al gas naturale liquefatto (GNL) e all’aumento delle sue importazioni da Stati Uniti, Qatar e Australia. Molti Paesi europei hanno intrapreso iniziative significative per favorire questo combustibile, un esempio su tutti la Polonia, Stato che si appoggiava tradizionalmente sugli approvvigionamenti provenienti dai gasdotti russi, e che ora sta costruendo nel porto di Świnoujście un terminale di gas naturale liquefatto (gestito da Qatar e Stati Uniti). Anche l’Italia guarda al GNL: ai tre rigassificatori già attivi – Panigaglia, Livorno, Porto Viro – se ne aggiungeranno presto altri due, Ravenna e Piombino. Oltre al GNL, gli attuali fornitori di gas della UE tramite gasdotto – come la Norvegia, l’Algeria, il Turkmenistan e l’Azerbaigian – sono stati incoraggiati ad aumentare le loro forniture.
L’Europa cerca un riparo dalla crisi grazie alla diversificazione delle fonti, ma anche con misure finanziarie. In questa cornice vanno letti gli accordi per un tetto massimo (price cap) sia al prezzo del petrolio russo sia del gas naturale, raggiunti entrambi a dicembre ‘22. Per il petrolio, il G7, l’Unione Europea e l’Australia hanno concordato un prezzo massimo di 60 dollari al barile per il greggio russo trasportato via mare in vigore dal 5 dicembre. Per il gas naturale gli Stati membri della UE hanno raggiunto un accordo che prevede un tetto a 180 euro dal 15 febbraio. Ma la Russia ha prontamente risposto: a fine 2022 il presidente Vladimir Putin ha firmato il decreto con il quale la Russia bloccherà le esportazioni di petrolio verso i Paesi che utilizzano il price cap. Il 2023 si annuncia tutt’altro che stabile.