La necessità di transitare verso un sistema energetico basato sulle fonti rinnovabili – intese come vento, sole, acqua e biomasse (entro determinate condizioni di produzione) – deriva dal fatto che queste fonti rinnovabili rispettano determinati criteri: non emettendo CO2, non impattano sul clima; non hanno effetti considerevoli su altre risorse naturali quali acqua, biodiversità, suolo etc; non sono soggette ad esaurimento perché, per definizione, sono fonti che non si consumano nel processo di generazione energetica. Fattore quest’ultimo che, tra l’altro, le rende disponibili in tutte le regioni del mondo, contribuendo a smorzare le dipendenze energetiche tra Paesi. Infine, non dimentichiamo l’aspetto “costo”: le energie rinnovabili risultano oggi essere la fonte di energia più economica tanto che la IEA ha definito il solare come l’energia più economica in assoluto in alcune parti del mondo. Dopo decenni di ricerca e innovazione, fotovoltaico ed eolico (insieme alle batterie) stanno diventando una squadra davvero competitiva sul mercato dell’energia. Rinnovabile è, dunque, sinonimo di pulito, sicuro, economicamente competitivo e distribuito: per questo le energie rinnovabili sono lo strumento principe per una transizione energetica sostenibile.
Considerazioni politiche ed economiche, tuttavia, hanno portato al permanere di dubbi su cosa debba essere considerato sostenibile o meno. Lo dimostra la “querelle” sulla tassonomia europea che a inizio anno si è svolta sulla domanda se atomo e gas naturale fossero da considerare “verdi” e quindi eleggibili o meno per l’accesso alla finanza sostenibile. A inizio febbraio la Commissione ha, infine, affermato che sì, gas naturale e nucleare sono temporaneamente da considerare attività sostenibili. Ora spetta al Parlamento europeo e al Consiglio Ue decidere entro i prossimi 4-6 mesi se accettare o meno la proposta della Commissione.
