Il 2020 è uno di quegli anni che entreranno nella Storia e verrà ricordato indubbiamente da tutti quelli che lo hanno vissuto, nel bene o nel male. Tra i settori economici maggiormente impattati in questo anno fuori dagli schemi vi è quello dell’automotive nel suo complesso, per il quale il 2020 è stato un annus horribilis o, per usare le parole di Paolo Scudieri – presidente di ANFIA, “l’anno più difficile dal dopoguerra”.
A dicembre 2020 il mercato italiano chiude con un drammatico “profondo rosso”: -27,93% di immatricolazioni ovvero -535.000 vetture rispetto al 2019. È a dicembre che l’Italia ha fatto registrare la performance peggiore: -14,95% e -119.454 autovetture rispetto allo stesso mese del 2019, ponendosi sul podio dei primati negativi tra i grandi Paesi europei. Tutti i numeri dell’automotive italiano sono in rosso: mercato, fatturato, profitti.
Secondo le stime del Centro Studi Promotor, il comparto auto ha subito una contrazione di 9,97 miliardi rispetto al 2019, mentre il gettito Iva è calato di 2,19 miliardi. Un’altra annata come il 2020 avrebbe effetti catastrofici su una intera filiera che, per altro, incide in maniera importante sulla crescita economica del Paese.
È il motore a scoppio che segna i numeri rossi del settore. Secondo dati UNRAE, tra gennaio e dicembre 2020 le immatricolazioni per le auto a benzina avrebbero registrato un -38,7% rispetto al 2019 e il diesel un -40,2%.
Anche GPL e metano segnano punti negativi, rispettivamente -31,1 e -18,1.
In totale, nell’anno che ci lasciamo alle spalle le immatricolazioni in Italia sono scese a quota 1.381.496, un livello da anni ’70.
Secondo il Centro Studi Promotor, per affrontare la crisi occorre un approccio strutturale: un piano di incentivi pluriennali, con un orizzonte molto più lungo di quello attuale, costruito privilegiando le vetture a basso impatto, viste dal Centro Studi come strumento per traghettare l’Italia verso un parco macchine elettrico più ampio, che oggi si attesta solo attorno a un 0,25% circa del parco circolante.
Ancora troppo poco per fare la differenza nella riduzione delle emissioni.
Politiche strutturali di questo genere contribuirebbero anche a svecchiare il parco circolante in Italia, il più vecchio d’Europa, con un forte impatto negativo oltre che sull’ambiente anche sulla sicurezza della circolazione, come emerge dai tassi di mortalità per incidente stradale (55 morti per milione di abitante nel 2019 in Italia, contro i 48 della Francia, i 37 della Germania e i 28 del Regno Unito).